Djennè, su un'ansa del Bani, è indubbiamente la più bella città del Sahel e, nonostante la continua insistenza di guide inutili, un posto unico al mondo.
Gli edifici, che per la maggior parte dell'anno si trovano su un'isola, sono tagliati nelle delicate linee dello stile sudanico, plasmate con l'argilla grigia dei circostanti alvei.
Nella piazza principale domina il paesaggio la famosa Grande Mosquèe.
La gente della regione fluisce in città per il mercato del lunedì, il giorno migliore per farsi un giro.
Se ignorate la massa di viaggiatori che fanno ciò che fate voi, potete immaginarvi cosa doveva essere la vita nel Sahel cento e più anni fa.
Djennè, in origine un insediamento Bozo, fu fondata intorno all'800, secondo il Tarikh es-Soudain, una delle più antiche testimonianze scritte del Sahel.
Il sito originario era un posto chiamato Djoboro, che fu poi trasferito nella posizione attuale forse già nel 1043 (altre fonti parlano di due secoli dopo).
Nel XIII secolo, durante il regno del sovrano Soninkè Koi Kounboro, Djennè si convertì all'islamismo: il re rase al suolo il proprio palazzo per far posto alla prima moschea cittadina.
Djennè divenne una stazione secondaria per il commercio di oro, avorio, pelle, lana, noci di cola, e altre merci preziose dal sud. I mercati avevano qui i loro depositi e vendevano i prodotti in spacci sparsi per tutta la regione, ma soprattutto a Timbuctu.
Furono costruite intere flotte di barche, alcune lunghe 20 m, in grado di trasportare decine di tonnellate di quei beni (o prodotti) sino a Timbuctu, da dove partivano per il nord.
Nel 1325, Djennè fu annessa all'impero del Mali, raggiungendo un periodo di stabilità e fioritura ininterrotta.
Nel 1473 fu assoggettata all'impero Shongai.
In questo periodo si rafforzarono gli scambi intellettuali e commerciali con Timbuctu finchè nel 1591, Djennè cadde nelle mani del Marocco, sotto il cui dominio rimase sino al XIX secolo.
Per la città cominciò un lento declino che le successive invasioni non riuscirono a fermare.
Nel 1810 Cheikou Ahmadou, un fanatico religioso di Masina, sconfisse i marocchini e distrusse la famosa moschea di Djennè.
Nel 1862 l'impero Tukulor si impossessò della città, riuscendo a tenerne il controllo solo fino al 1893, quando arrivarono le truppe francesi.
Nel 1988 l'Unesco ha dichiarato Djennè Patrimonio Mondiale dell' Umanità.
Arrivando via terra, quando si attraversa la diga che conduce in città, si vede subito la Grande Mosquèe di Djennè innalzarsi al cielo.
Questo capolavoro architettonico risale appena al 1905, ma fu costruito nello stile della moschea originale, eretta durante il regno di Koi Kounboro.
Le linee affusolate della facciata sono dominate da tre torri, alte ognuna 11 m. e sormontate da un uovo di struzzo.
Dall'edificio sporgono i caratteristici travi, la cui funzione non è meramente estetica, ma anche di sostenere le impalcature per il restauro dell'edificio.
Ogni anno infatti le piogge lavano via gli strati esteriori dell'argilla di cui è fatta la moschea, e nella stagione asciutta gli abitanti collaborano alla manutenzione.
L'interno è una foresta di colonne collegate da robusti archi.
Si dice che la moschea possa contenere circa 5000 fedeli, non male se pensate che la popolazione di Djennè è poco meno del doppio. Purtroppo, in seguito al comportamento irrispettoso tenuto da turisti insensibili, i visitatori non musulmani non possono entrare, ma dalla casa di fronte si gode di una bella vista.
Dietro la moschea, 200 m. più in là, c'è la tomba di Tapama Djenepo, una ragazza bozo che, secondo la tradizione orale, fu sacrificata dai fondatori di Djennè per proteggerne gli edifici dal crollo.
Imperdibile è il mercato del lunedì, quando i mercanti da tutta la regione giungono in pellegrinaggio in città.
Espongono la loro merce sulla piazza principale di fronte alla moschea in maniera molto simile a quella descritta dall'esploratore francese ottocentesco Renè Caillè nel suo libro "Viaggi attraverso l'Africa centrale per Timbuctu".
Pochi sono, forse nessuno, i mercati così vivi, colorati e ricchi(quei colossali orecchini che vedete indugiare sono d'oro puro) come quello di Djennè al lunedì mattino.