lunedì 22 aprile 2013

Letture di viaggio: Khaled Hosseini. Il cacciatore di aquiloni.






La storia dell'Afghanistan degli ultimi decenni è una storia terribile, fosca e tragica, un puzzle d'orrori composto con le tessere di vite spezzate, di esistenze straziate ed umiliate, di infanzie rubate. Il cacciatore di aquiloni (edito Piemme), narrando le vicende di due bimbi, Hassan e Amir, per creare un affresco che rappresenti tutte le vicissitudini che hanno messo in ginocchio quel paese - dall'occupazione russa alla piaga talebana, dai bombardamenti americani alla presa del potere da parte del governo fantoccio dell'Alleanza del Nord - parte da una metafora splendida: c'è stato un tempo in cui nei cieli di Kabul volavano gli aquiloni (sport nazionale afghano), le cui eleganti evoluzioni rappresentavano la libertà del paese. Poi gli aquiloni non volarono più: era iniziata la tremenda odissea del popolo afghano. Amir, figlio del ricco commerciante Baba, vive col padre in una grande, lussuosa villa con giardino; la madre - con grande sconforto del padre - morì nel mettere alla luce il bimbo, cosa che Baba non ha mai effettivamente perdonato al figlio. A far loro compagnia Alì, servitore di Baba da sempre, ed il figlio Hassan, inseparabile ed adorante compagno di Amir: i due, oltre a trascorrere insieme le spensierate giornate dell'infanzia, formano una formidabile coppia nei tornei cittadini di combattimenti tra aquiloni. Il ricco Amir è il "pilota", Hassan il suo "secondo": difficile che il filo svolto dal rocchetto degli avversari riesca a rimanere integro quando si scontrano con questo formidabile duo. In più Hassan, col suo viso da bambola ed il labbro leporino, è il più forte cacciatore di aquiloni di Kabul: quando un filo viene reciso in combattimento e l'aquilone vaga in cielo in preda al vento, lui saprà sempre dove andrà a cadere, facendone una preda di guerra per Amir. 
Ma l'armonia tra i due ragazzini si spezza quando qualcosa di terribile accade ad Hassan per colpa di Amir: l'atteggiamento di quest'ultimo nei confronti dell'amico muterà, dettato da un'ostilità figlia del rimorso covato nell'ombra della propria coscienza, in un perverso gioco di specchi. 
L'arrivo dei russi a Kabul porterà alla separazione delle due mezze famiglie: Amir e Baba fuggiranno in America, Alì ed Hassan resteranno chissà dove in Afghanistan. 
Dopo venticinque anni Amir ha realizzato il suo sogno - sempre guardato con scetticismo dal pragmatico e concreto Baba - di diventare scrittore, si è sposato, ha una buona vita nella sua casa di San Francisco. Ma a sollevare le nebbie faticosamente accumulate su un passato scomodo ci pensa una telefonata dall'Afghanistan, che non gli lascia scelta: in barba alla viltà di cui si è accusato per tutta la vita parte alla volta di Kabul, alla ricerca di Sohrab, il figlio di Hassan reso orfano dalla crudeltà dei Talebani. Ma ad attenderlo a Kabul non ci sono solo i fantasmi del passato: quello che trent'anni prima era il suo paese ora è una landa desolata in cui vagano donne invisibili, dove i marciapiedi sono carichi di relitti umani ammassati gli uni sugli altri, dove avere un padre od un fratello maggiore è un lusso dopo gli stermini talebani, dove gli occhi della gente restano incollati al selciato per timore di incrociare fatalmente lo sguardo sbagliato, dove gli aquiloni non volano più...Terribile e toccante, in particolare nelle ultime centocinquanta pagine - quelle appunto del ritorno - Il cacciatore di aquiloni mi ha fatto venire alla mente un altro capolavoro della letteratura che ho adorato: L'amico ritrovato di Fred Uhlman: una storia d'amicizia, di separazione forzata, causata da eventi fuori dal controllo del singolo, anni di silenzio e poi la chiamata del destino che forza uno dei protagonisti a scavare nel proprio passato per riabbracciare l'adorato compagno di tante avventure, seppur non di persona ma attraverso qualcosa o qualcuno che lo rappresenta... Hosseini scrive in modo magico, in grado di stregare il lettore, di incollarlo alle sue pagine vivendo in prima persona i travagli interiori di Amir, sentendo fischiare i proiettili russi prima e talebani poi sopra alla propria testa, ritrovandosi il viso rigato di lacrime al primo sorriso che Sohrab gli rivolge.